Sperimentato un nuovo test per rivelare la preeclampsia in gravidanza

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preeclampsia in gravidanzaMuoversi con i piedi di piombo quando i primi sintomi di una gravidanza diventano una certezza concreta è sicuramente la maggiore priorità di ogni futura mamma.

A questo punto, oltre a tutte le classiche precauzioni da prendere in una situazione come questa – davvero molto lieta ma da non sottovalutare per i suoi rischi – diventano necessarie tutta una serie di analisi che possano trasformare l’esperienza in qualcosa di sicuro al 100%.

Questo risultato è adesso garantito grazie al nuovo test diagnostico messo a punto dalla Roche, il quale consentirebbe di rilevare lo sviluppo della preeclampsia (o gestosi) in donne che presentano fattori di rischio, fino a 4 settimane prima del manifestarsi dei sintomi clinici.

La pubblicazione che conferma la validità del test è tutta italiana e spiega come quest’ultimo, analizzando il rapporto tra i biomarcatori sFlt-1(Tirosin Chinasi 1 FMS-Simile solubile) e PlGF (fattore di crescita placentare), può predire la comparsa di questa grave patologia, che colpisce tra il 2 e l’8% delle future mamme e che rappresenta una delle principali cause di mortalità materna e perinatale.

La ricerca, pubblicata sulla rivista internazionale European Journal of Obstetrics&Ginecology and Reproductive Biology, mette particolarmente in evidenza come la preeclampsia sia più comune in donne che presentano uno o più fattori di rischio, come ad esempio la nulliparità, il sovrappeso, la familiarità, l’ipertensione cronica, la gravidanza multipla, il diabete di tipo 1 oppure gestazionale.

Il rapporto sFlt-1/PlGF, insieme alle valutazioni cliniche standard, può supportare la diagnosi di preeclampsia e, come già accennato, anticiparla di 4 settimane.

Attraverso un semplice esame del sangue, che può essere effettuato dalla 20sima settimana di gravidanza, il test permette di arrivare ad una diagnosi precoce, quando i sintomi clinici della preeclampsia ancora non si manifestano.

“Il test di laboratorio di Roche”, ha spiegato la dottoressa Daniela Di Martino, Dirigente medico di I livello presso l’Ospedale Buzzi ASST-FBF-SACCO e coautrice dello Studio citato, “attraverso un semplice prelievo di sangue, ci permette di valutare il rapporto tra i due biomarcatori sFlt-1 e PlGF per escludere che la futura mamma possa sviluppare la preeclampsia”.

In merito all’importanza della scoperta, la dott.ssa Di Martino aggiunge: “È un grande passo avanti per noi specialisti: il rapporto sFlt-1 e PlGF Roche, l’unico validato a livello internazionale, non ci dice solo se la patologia si conclamerà ma, attraverso l’interpretazione dei risultati, ci permette anche di capire se si manifesterà con una forma più o meno severa.

Tutto ciò ci consente di evitare ricoveri impropri che gravano sul Sistema Sanitario Nazionale: le donne affette da preeclampsia, infatti, necessitano di un monitoraggio costante e un follow up specifico che, il più delle volte, richiede un ricovero ospedaliero.

In molte situazioni, inoltre, il test ci aiuta anche a decidere come e quando espletare il parto, scongiurando il più possibile il rischio di parti eccessivamente prematuri. Quando la preeclampsia si manifesta in maniera grave, l’unica soluzione per salvaguardare la sicurezza di madre e nascituro è indurre il parto”.

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